Memento mori: come il ladro nella notte – Meditazione di Padre Stefano M. Manelli

Rev. p. Stefano M Manelli, Fondatore dei Francescani dell'Immacolata (FI).
MEDITAZIONE PER IL 9 NOVEMBRE.

Che cosa dire poi se si riflette che della morte noi non sappiamo «né il giorno né l’ora» (Mt 25,13)? San Paolo ci avverte che la morte «verrà come il ladro notturno» (1Ts 5,2). E per questo Gesù ci ha raccomandato con parole energiche: «Siate pronti! Perché nell’ora che non credete il Figlio dell’uomo verrà» (Lc 12,40).

E poco prima, Gesù aveva detto anche questa istruttiva parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?. E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio» (Lc 12,16-21).

Poco dopo, quindi, Gesù aggiunge con slancio ed enfasi: «Beati quei servi che il Padrone al suo arrivo troverà desti» (Lc 12,37). E in un’altra occasione, infine, ammonisce di nuovo con fermezza di parole: «Vegliate sopra voi stessi, onde non avvenga che i vostri cuori siano depressi dalle crapule e dalle ubriachezze e dalle cure della vita presente e improvvisamente vi venga addosso quella giornata» (Lc 21,34).

Questi, e altri ancora, sono i richiami energici e luminosi di Gesù, il quale ha avuto premura di parlarci della morte, per l’importanza vitale che essa ha quale porta di chiusura al mondo di quaggiù e di apertura al mondo dell’Aldilà di ogni uomo. Svegliamoci dalla nostra incoscienza e indolenza, dunque. Non è mai tempo di dormire, ma di stare desti e di operare il bene per essere trovati sempre
pronti a meritare l’ingresso nel Regno dei cieli al tempo stabilito da Dio.

Non è forse vero, invece, che noi, di solito, viviamo in balia delle nostre voglie, preoccupati di soddisfare più che sia possibile i gusti e gli istinti del nostro corpo?... che amiamo ubriacarci di sesso e di alcool, di fumo e di sport, di spettacoli e di canzoni, di rotocalchi e di fumetti, di mode indecenti e di avventure?..., oppure che ci lasciamo dominare dalle cure della vita presente solo per migliorare i guadagni, per avanzare nella carriera, per aumentare il benessere e i successi?...

Quale spazio rimane, allora, per pensare e prepararci a quel giorno in cui ci toccherà andare «là dove tutti sono incamminati» (Gs 23,14)? Non è forse stoltezza il nostro vivere dimentichi di una verità così certa come la morte, incuranti di essa, impegnati come siamo ad ammassare beni su questa terra «dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano», invece di provvedere ad ammassare «tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non
scassinano e non rubano» (Mt 6,19-20)?...

Essere sempre pronti alla morte...
Che cosa significa essere sempre pronti a morire bene? Significa, anzitutto e soprattutto, vivere sempre con la grazia di Dio nell’anima. Ciò vuol dire, compiere fedelmente i propri doveri di stato, evitando sempre il peccato mortale, perché ogni peccato mortale fa perdere la grazia di Dio, ossia fa morire l’anima, poiché la grazia di Dio è la vita dell’anima, il peccato è la “disgrazia” dell’anima.

«La morte, ma non peccati», diceva il piccolo san Domenico Savio. Verissimo. E se capita la disgrazia di cadere nel peccato mortale è necessario immediatamente pentirsi, chieder perdono a Dio e confessarsi al più presto possibile. Commettere un peccato mortale è una pazzia, ma voler restare in peccato mortale, dopo averlo commesso, è la massima follia. E se la morte ci cogliesse proprio allora? Che sappiamo noi del suo arrivo che può essere improvviso e fulmineo?... Non si sente forse parlare con frequenza di incidenti stradali mortali, di arresti cardiaci e di infarti fulminanti?...

1. San Giovanni Bosco...
San Giovanni Bosco diceva ai suoi giovani che lui era sempre pronto a confessarli appena cadevano in peccato mortale ed essi potevano presentarsi a lui in qualsiasi ora del giorno o della notte, anche alle 2.00 di notte, per rimettersi subito in grazia di Dio con la confessione. Nella vita di san Giovanni Bosco, infatti, leggiamo che un giorno egli era preoccupato perché un giovane caduto in colpa grave non si dava pensiero di confessarsi. Il Santo scrisse su un foglietto queste parole: «Se tu questa notte morissi?...», e glielo mise sotto il guanciale. Quando il giovane andò a letto vide lo scritto e rimase colpito dalla frase scritta da san Giovanni Bosco. Sulle prime avrebbe voluto rimandare a domani la confessione, ma si accorse subito che non riusciva a dormire; allora si alzò dal letto, andò nella camera di don Bosco e si confessò, tornando quindi serenamente al riposo.


“Essere sempre pronto”, inoltre, significa andare incontro a sorella morte con fede gioiosa, con speranza ferma, con carità ardente. Così, infatti, doveva essere pronto ad andare incontro alla morte san Paolo che scriveva: «Per me il morire è un guadagno» (Fil 1,21), e ancora più quando affermava: «Bramo di morire per essere con Cristo» (Fil 1,23).

2. Sant’Ignazio di Antiochia...
Sant’Ignazio di Antiochia arrivò a scrivere una lettera commoventissima ai fratelli cristiani di Roma per scongiurarli di non far nulla al fine di impedire il suo martirio: «Quando avrò la felicità di essere dilaniato dalle belve feroci? [...]. Io sono pronto a tutto, purché possa presto godere Gesù Cristo!». E sull’arena il Santo avanzò felice e radioso verso le belve per farsi sbranare, e così raggiungere Cristo Gesù.

3. San Francesco d’Assisi...
Che cosa dire, poi, di san Francesco d’Assisi? Il Poverello crocifisso, stando alla Porziuncola di Santa Maria degli Angeli, in Assisi, nella sua agonia volle che i frati gli cantassero quella strofe del Cantico delle creature che parla della morte dicendo al Signore: «Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale».

4. Santa Caterina da Siena...
Ricordiamo anche santa Caterina da Siena, la quale, morendo, disse: «Consolatevi con me, perché lascio questa terra di pene e vado al luogo della pace, in Cielo».

5. Santa Teresa di Gesù Bambino...
Santa Teresa di Gesù Bambino morì guardando il crocifisso e dicendo le sue ultime parole d’amore: «Mio Dio, io vi amo!».

6. Santa Madre Teresa di Calcutta…
Così insegna, difatti, la santa Madre Teresa di Calcutta: «Al momento della morte non saremo giudicati dalla quantità di lavoro che avremo fatto, ma dal peso d’amore divino che avremo messo nel nostro lavoro. Questo amore deve risultare dal sacrificio di se stessi e deve sentirsi fino a causare sofferenza».


Questa è la morte cristiana di chi ama a fa amare Dio a costo anche di grandi sacrifici. Questa è la grazia ultima, preziosissima, da chiedere instancabilmente alla nostra divina Madre e Mediatrice di tutte le grazie: è da questa grazia che dipenderà la nostra eternità nel Regno dei cieli.
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Francesco I
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