TUTTO CIO' CHE C'E' DA SAPERE SULL'INFERNO

Quando a san Girolamo fu chiesto perchè si fosse ritirato in una grotta a vivere da eremita penitente, egli rispose: "Mi sono condannato a questa prigione perchè temo l'Inferno". Un gigante della dottrina come san Girolamo teme l'Inferno. Noi, invece, senza dottrina e senza santità mostriamo tutta la nostra incoscienza non pensandoci mai.
San Paolo, rapito al terzo cielo e carico di meriti teme di potersi dannare: "Tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù perchè non succeda che, dopo aver predicato agli altri, venga io stesso condannato" (1 Corinzi 9,27).
Noi invece, con una superficialità che fa spavento, crediamo di evitare l'Inferno senza alcun merito nè timore. Anzi si arriva a raccomandare di non parlare mai dell'Inferno, di questa terrificante realtà, perchè "impressiona", non curandoci neppure del fatto che Gesù nel vangelo ha parlato dell'Inferno non qualche volta, ma ben diciotto volte!
A tanti oggi piacciono solo discorsi allegri e dolciastri, si cullano in un cristianesimo facile e facilone, a base di fatui osanna ed alleluja. E' cosa certa, anzi è di fede che:
- l'Inferno esiste ed è eterno,
- è la sorte di chi muore in peccato mortale,
- segue immediatamente la morte,
- è una sofferenza terribile, sopratutto per la privazione di Dio.

L'esistenza dell'Inferno si fonda sopra la Sacra Scrittura, sulla Tradizione della Chiesa e sulla ragione teologica.
1. L'Inferno nel Vecchio Testamento
Nell'Antico Testamento l'Inferno trova il riscontro più terribile nella figura della Geenna o "Valle del gemito", posta fuori della città santa (!). Questo luogo, dove il fuoco era sempre acceso, era rimasto per gli Ebrei un oggetto di orrore perche alcuni re idolatri avevano fatto bruciare vivi dei bambini innanzi alla statua del dio Moloch.
"Uscendo, vedranno i cadaveri degli uomini che si sono ribellati a Me; poiché il loro verme non morirà, il loro fuoco non si spegnerà e saranno un abominio per tutti" dice il profeta Isaia (66,24) con parole che verranno riprese da Gesù stesso per indicare la dannazione vera e propria (Marco 9, 43-48).
Il libro biblico della Sapienza in ben due interi capitoli (il 4° e il 5°) oppone chiaramente la sorte terribile dei peccatori a quella felice dei giusti dopo la loro morte. Testimonia, tra l'altro, che i malvagi saranno "nella vergogna, tra i morti, in eterno... saranno immersi nel dolore e la loro memoria perirà" (Sapienza 4,19). Infine il profeta Daniele afferma: "Coloro che dormono nella polvere della terra si risveglieranno; gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna e la condanna eterna" (Daniele 12,2).
2. Nuovo Testamento: l'insegnamento di Gesù
Non vi è forse argomento sul quale Gesù Cristo ritorni con maggiore frequenza che quello dell'Inferno.
Egli annuncia che vi sarà alla fine del mondo un giudizio che separerà i buoni dai malvagi, che questi saranno maledetti da Dio e andranno nel fuoco eterno: "Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria e con tutti i suoi Angeli... saranno riunite davanti a lui tutte le genti e separerà gli uni dagli altri come il pastore separa le pecore dai capri. E porrà le pecore alla sua destra ed i capri alla sinistra. Allora dirà a quelli che stanno alla sua destra: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo... Poi dirà a quelli posti alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il Diavolo ed i suoi angeli... E se ne andranno questi al supplizio eterno e i giusti alla vita eterna" (Matteo 25, 31-46).
Per meglio colpire la mente dei suoi uditori, il Figlio di Dio paragona spesso l'Inferno ad una Geenna in cui precipitano i dannati ed esorta i suoi discepoli ad affrontare qualunque sacrificio pur di evitare quel luogo di tormenti eterni: "Se la tua mano ti porta al peccato, tàgliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibìle. Se il tuo piede ti porta al peccato taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che essere gettato con due piedi nel fuoco dell'Inferno. E se il tuo occhio ti porta al peccato, càvalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore ed il fuoco non si estingue" (Marco 9, 43-48).
Lo stesso, tremendo, avvertimento è presentato da Gesù anche in forma di parabola. Citiamo per esempio:
a) la parabola della zizzania nel buon grano, che simboleggia la sorte dei peccatori esclusi per sempre dal regno di Dio: "Cogliete la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio" (Matteo 13,30) così dirà il Signore alla fine.
b) La parabola della rete: il pescatore che fa la scelta dei pesci, raccoglie i buoni e butta via i cattivi è un'immagine della separazione dei giusti e dei peccatori, alla fine del mondo: "Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli Angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti" (Matteo 13, 49-50).
c) La parabola delle nozze regali in cui il re fa gettare nelle tenebre esteriori l'invitato entrato senza l'abito nuziale: "Allora il re ordinò ai servi: legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti" (Matteo 22, 13).
d) La parabola delle vergini prudenti e delle stolte che arrivarono troppo tardi al ricevimento dello sposo: "Le vergini stolte cominciarono a dire: Signore, Signore, àprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco" (Matteo, 25, 1-18).
e) La parabola dei talenti nella quale il Signore respinge coloro che hanno lasciati infruttuosi i talenti: "E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti" (Matteo 25, 14-30).
3. L'insegnamento degli Apostoli e della Tradizione
Fedeli alla dottrina del loro Maestro, gli Apostoli continuano ad insegnare la perdizione eterna dei malvagi. San Pietro scrive: "Come Dio punì gli Angeli ribelli e riservò loro dopo il giudizio i supplizi dell'Inferno, così riserva i malvagi per punirli nel giorno del giudizio" (2 Pietro 2, 4-9).
San Paolo nelle sue Lettere parla frequentemente della vita futura: ai giusti predice la gioia; ai persecutori, agli idolatri, agli empi mostra l'Inferno eterno (2 Tessalonicesi 1,5; Galati 5,19-21; Efesini 5,5). Nell'Apocalisse san Giovanni parla dello stagno di fuoco dove saranno gettati gli omicidi, gli immorali, gli stregoni, gli idolatri, etc. (Apocalisse 21,68).
Nei primi secoli del Cristianesimo i Padri della Chiesa sono unanimi nel predicare l'eternità dell'Inferno. Secondo Sant'Ignazio d'Antiochia, per esempio, colui che "con perverso insegnamento corromperà la fede divina, per la quale Gesù Cristo fu crocifisso, andrà nel fuoco inestinguibile ed insieme con lui vi andrà anche chi l'ascolta" (Ef.16,2).
La discussione comincia soltanto con Origene, i cui errori furono condannati dal concilio di Costantinopoli (anno 553) e dal IV Concilio Lateranense (anno 1215), come si dirà più avanti. Inoltre al tempo delle persecuzioni, i martiri cristiani rispondevano ai tiranni che li minacciavano di morte, che essi preferivano sopportare i supplizi temporali anzichè andare "nel fuoco eterno".
Ricordavano bene, infatti, l'avvertimento di Gesù: "Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno il potere di uccidere l'anima; temete piuttosto Colui che ha il potere di far perire sia l'anima, sia il corpo nel fuoco della Geenna" (Matteo 10,28).
4. La ragione teologica
Dio, Giudice supremo, deve rendere a ciascuno secondo le sue opere: se il giusto ha diritto al premio, il colpevole merita il castigo.
Ora è evidente che su questa terra, il più delle volte, il male trionfa sul bene, che i buoni sono afflitti ed i malvagi godono dei beni di questa vita. Conviene dunque che Dio ristabilisca l'equilibrio nell'altra vita, dando la felicità agli uni ed il castigo agli altri.
Il filosofo E. Kant ha giustamente messo in rilievo che l'immortalità dell'anima (e la ricompensa o il castigo nell'altra vita) è un postulato della legge morale. La Giustizia divina sarebbe cioè in difetto se non riservasse in un'altra vita le compensazioni necessarie e la rimunerazione di ciascuno secondo i suoi meriti.
Noi tocchiamo qui nel più vivo di noi stessi. Non possiamo ammettere, infatti, che tra il bandito e la sua vittima, fra il criminale ed il martire sia abolita ogni differenza con la morte.
Questo sarebbe, nel mondo intimo del nostro essere, il più mostruoso disordine, quando dall'atomo alla più lontana stella, tutto testimonia ordine ed armonia...
Deve esserci perciò l'altro mondo dove Dio darà a ciascuno secondo le sue opere e dove ci sarà il trionfo definitivo della giustizia.
Una sapiente iscrizione all'ingresso di un cimitero diceva:
"QUI FINISCE LA GIUSTIZIA DEGLI UOMINI E COMINCIA QUELLA DI DIO".
5. L'eternità dell'Inferno nella Sacra Scrittura
Nella parola di Dio scritta noi troviamo anzitutto formule negative assolute, che sottolineano la definitiva esclusione dalla vita eterna: "Perchè, vi dico, nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà della mia cena" (Luca 14,24); "Gli ingiusti non entreranno in possesso del regno di Dio" (1 Corinzi 6,9; Galati 5,21; Efesini 5,5); "Il loro verme non muore ed il fuoco non si estingue" (Marco 9,44.46.48).
Il Libro sacro definisce pure spessissimo "eterne" le pene dell'Inferno (Matteo 18,8; 25,41.46; 2 Tessalonicesi 1,9). Inoltre lo stretto parallelismo istituito da Gesù tra la "vita eterna" (che sarà data ai buoni) ed il " castigo eterno" (riservato ai malvagi) nel giudizio finale (Matteo 25,46) non lascia adito a dubbi: o sono ambedue eterni, oppure non lo è nessuno dei due.
Come non lascia adito a dubbi il chiaro insegnamento, uscito dalla bocca stessa del Figlio di Dio nella parabola del ricco egoista e del povero Lazzaro (Luca 16, 19-31). Abramo, che era nella beatitudine eterna, risponde così al ricco che era nell'Inferno: "Tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono; nè da dove state voi si può attraversare fino a giungere a noi" (Luca 16, 26). Parole che sottolineano l'eternità dell'Inferno in modo indiscutibile.
Esiste comunque nella Sacra Scrittura una espressione applicata alle pene dell'Inferno, che indica eternità in senso stretto, senza ombra alcuna di dubbio: si tratta dell'espressione "nei secoli dei secoli" (Apocalisse 14,11; 20,10) che non viene mai usata negli altri casi per indicare un tempo finito. Secondo tutti gli studiosi della Bibbia non esiste un modo più forte di sottolineare il senso di eternità di questa parola. Tanto è vero che tale espressione "nei secoli dei secoli" - per sottolineare l'eternità - viene sempre applicata alla gloria di Dio o di Cristo che è appunto eterna.
6. L'eternità dell'Inferno nella Tradizione
Questo insegnamento biblico (che la pena dell'Inferno è eterna) è stato ribadito anche dalla Chiesa a mano a mano che nei secoli spuntavano eretici che lo negavano.
Il Sinodo di Costantinopoli del 543 condanna senza mezzi termini Origene e gli "origenisti" che negavano l'eternità delle pene infernali ed affermavano che i demòni ed i dannati, dopo una purificazione, saranno salvi e glorificati. I sostenitori di questa eresia (chiamata dell'apocatastasi finale o reintegrazione universale), si chiamano universalisti, perchè pretendono (contro ogni logica e contro la stessa Sacra Scrittura!) che alla fine dei tempi si farà una riconciliazione universale tra Dio con i demòni e i dannati.
Il canone 9 del Sinodo di Costantinopoli però dice testualmente: "Se alcuno dice o pensa che il supplizio dei demòni e dei dannati è temporaneo, e che un giorno finirà, e che vi sarà la riabilitazione e la reintegrazione dei demòni e dei dannati, sia scomunicato". Ed il Concilio Lateranense IV (anno 1215) dichiara: "I dannati riceveranno insieme con il diavolo una pena che dura per sempre".
Anche il Concilio Vaticano II testimonia che "i servi cattivi e pigri andranno al fuoco eterno, dove ci sarà pianto e stridore di denti" (Lumen Gentium, 49). Queste verità di sempre le troviamo ribadite anche nella liturgia. Nel cuore della S. Messa ogni sacerdote implora il Signore "che ci salvi dalla dannazione eterna e ci accolga nel gregge degli eletti" (Canone romano), e che la comunione con il suo Corpo ed il suo Sangue non diventi per noi "giudizio di condanna" ma, per la sua misericordia "sia rimedio e difesa dell'anima e del corpo". E nelle litanie dei Santi, la Chiesa ha sempre pregato così: "dalla morte eterna liberaci o Signore... Perchè strappi dall'eterna dannazione le anime nostre, dei nostri fratelli, parenti e benefattori, noi ti preghiamo".
Anche la "Lettera su alcune questioni concernenti l'escatologia" documento della Sacra Congregazione per la dottrina della fede (anno 1979) ha ribadito: "La Chiesa crede, che una pena attende per sempre il peccatore, il quale sarà privato della visione di Dio, come crede alla ripercussione di tale pena in tutto il suo essere".
7. Per quali peccati si merita l'inferno?
Già l'Antico Testamento insegna espressamente che ognuno che compia peccati gravi e muoia in essi merita il castigo eterno (Ezechiele 18, 21-28). Ma è utile precisare che ci si danna non solo per peccati satanici, cioè voluti apposta per offendere il Signore, ma anche per altri peccati perchè il disprezzo di Dio è implicito in qualsiasi colpa di materia grave, purchè commessa con piena avvertenza e libero consenso.
Infatti in Matteo 25, 41-46 la reazione dei dannati esclude che abbiano peccato al fine esplicito di oltraggiare il Signore, eppure vengono condannati alla pena eterna. Lo stesso si dica per le vergini stolte che vengono allontanate da Cristo-Sposo per sempre (Matteo 25, 1-13).
La Sacra Scrittura presenta anche delle "liste" di peccati - generalmente non commessi per satanismo - che però meritano l'Inferno: "Ma per i vili e gli increduli, gli abietti, gli immorali, i fattucchieri, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco. E' questa la seconda morte" (Apocalisse 21,8);
- "Fuori i cani, i fattucchieri, gli immorali, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna " (Apocalisse 22,15);
- "Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio" (1 Corinzi 5,9-10);
- "Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, liberinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio" (Galati 5,19-21).
Né ci si danna solo per colpe di "commissione", ma anche per colpe di "omissione":
- Matteo 22, 11-14: "Il re entrò per vedere i commensali e, visto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senza abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perchè molti sono i chiamati ma pochi gli eletti";
- Matteo 25, 41-46: "Poi il re dirà a quelli posti alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il Diavolo ed i suoi angeli. Perchè io ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato ed in carcere e non mi avete visitato. Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose ad uno di questi miei fratelli più piccoli, voi non l'avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, ed i giusti alla vita eterna".
- Giovanni 3,18-21 e 36: "Chi crede in lui (Cristo) non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perchè non ha creduto nel nome dell'unigenito figlio di Dio. Ed il giudizio è questo: la luce (Gesù) è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perchè le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce, perchè non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perchè appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio";
"Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui".
La Sacra Scrittura testimonia che non ci si danna soltanto per una moltitudine di peccati clamorosi, ma per qualsiasi peccato mortale in cui uno perseveri fino alla sua morte, fosse anche unico (Giacomo 2,10: "Poichè chiunque osserva tutta la legge, ma la trasgredisce anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto"), fosse anche un peccato interno (Matteo 5, 2829): "Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Se il tuo occhio ti porta al peccato, càvalo e gettalo via da te; conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nell'Inferno".
Gesù stesso attesta: "La bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata né in questo mondo né in quello futuro" (Matteo 12, 31-32). La bestemmia contro lo Spirito Santo consiste nell'attribuire le opere di Dio a Satana. Classico è l'esempio dei Giudei che, non potendo negare la potenza divina di Gesù che scacciava i demòni dagli indemoniati, dicevano che il Figlio di Dio scacciava i demòni per opera di Belzebul, principe dei demòni. Attribuivano un'opera che solo Dio può fare a Satana. Gesù dice loro in faccia che Satana non scaccia Satana e aggiunge: "Se io scaccio i demòni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio" (Matteo 12, 22-32).
8. L'eternità dell'Inferno dinanzi alla ragione
Tutti i nemici della religione cattolica, ed in particolare i razionalisti, si scagliano contro il dogma (= verità rivelata) dell'Inferno e lo dicono contrario alla ragione. Eppure già i popoli pagani, senza la luce della fede e con la sola ragione, non hanno avuto nessuna difficoltà ad ammettere un punizione eterna per i malvagi.
Nella mitologia greca, ad esempio, il fiume Stige che passato una volta non si riattraversa mai più, il disgraziato Tantalo condannato ad una fame e ad una sete eterna per avere offesi gli dèi, il re Sisifo che per la sua crudeltà va rotolando eternamente un sasso sulla cima di un monte, senza mai riuscirvi, le Danaidi che, per aver uccisi i loro mariti, sono condannate a riempire botti senza fondo, sono altrettanti miti che affermano la credenza dei pagani in un supplizio eterno stabilito dalla divinità, come giusto castigo dei delitti di questa terra.
Come mai i Greci, così ricchi di acume logico, così razionali da essere i padri della filosofia, non hanno avuto nessuna difficoltà ad affermare un castigo eterno, mentre i razionalisti di oggi lo negano decisamente? L'Inferno è una terribile realtà, misteriosa e paurosa; fa molto comodo negarlo e credere che non esiste. E quello che fa comodo - si sa - si crede volentieri... Ecco svelato il motivo! Ad un uomo che gli disse che non credeva nell'Inferno Padre Pio rispose: "Non ti preoccupare, ci crederai QUANDO CI ANDRAI!". A quanti oggi il frate stimmatizzato di Pietrelcina potrebbe dire le stesse parole...
Un'altra obiezione dei razionalisti contro l'esistenza dell'Inferno è questa: secondo il loro modo di vedere, l'eternità delle pene sarebbe un castigo sproporzionato con la colpa e perciò incompatibile con la bontà di Dio.
L'Inferno eterno non è affatto contrario alla ragione (lo abbiamo già visto) e nulla si oppone ad una pena eterna, né da parte del peccatore né da parte di Dio. L'espiazione - si dice - deve essere proporzionata alla colpa. Ora è un principio ammesso da tutti che la gravità di un'ingiuria si misura sia dalla dignità dell'offeso sia dalla bassezza dell'offensore; in altri termini, quanto maggiore è la distanza tra l'offensore e l'offeso, tanto più grave è l'ingiuria. E' evidente che, considerata sotto questo aspetto, la malizia del peccato mortale è infinita (perchè offende l'infinità bontà di Dio) e le pene dell'inferno non sono infinite nell'intensità, ma solo nella durata.
I razionalisti pretendono che l'eternità delle pene è contro la bontà di Dio. Evidentemente presumono di essere più sapienti di Gesù Cristo che ha parlato tante volte dell'Inferno ed ha voluto morire sulla Croce proprio per salvarci da esso! Costoro dimenticano - o vogliono dimenticare - che se Dio è infinitamente buono, è anche infinitamente giusto, perchè Dio è infinito in tutte le sue perfezioni, non solamente nella bontà.
Ed è proprio la giustizia di Dio che reclama l'applicazione di una pena proporzionata alla gravità della colpa e reclama anche una sanzione efficace.
Abbiamo già visto che la pena proporzionata al peccato mortale è una pena eterna (dato che offende Dio, l'Essere infinito), anche se basta poco per commettere un peccato mortale. Ora è cosa naturale ed accettata da tutti che la durata dell'espiazione sia proporzionata alla gravità della colpa: così si pratica anche nelle legislazioni umane. Un omicidio o una strage, cioè, si può commettere in un momento, eppure le leggi umane colpiscono questi crimini anche con la pena di morte (o con l'ergastolo), cioè con una pena che sotto qualche aspetto è eterna. Perché, allora, Dio non potrà fare altrettanto verso chi, con piena avvertenza e deliberato consenso, offende la sua infinita Maestà?
Inoltre è facile vedere che soltanto una pena eterna può essere una sanzione efficace. Infatti se l'Inferno non è eterno, il peccatore avrà la stessa sorte del giusto, il male avrà lo stesso valore del bene. Dunque, in fin dei conti, il malfattore ed il criminale potranno impunemente moltiplicare i loro delitti, perchè, prima o poi, riceveranno la stessa ricompensa dell'uomo virtuoso. Allora non ha più ragione di essere la premura di Dio verso i peccatori; non si vede più il perchè di tanti sacrifici richiesti ai buoni, se un giorno Dio dovrà accogliere buoni e cattivi nello stesso amore e nella stessa felicità.
Questa assurda idea, anzi, se accettata, rende inutile la venuta del Figlio di Dio sulla terra e vanifica del tutto il suo impressionante sacrificio sulla croce per la nostra salvezza!
In quest'ottica possiamo dire che questa idea, così accattivante, è una delle più pericolose trappole dell'eterno Nemico degli uomini. Infatti con tale assurda e gratuita idea, il Maligno spinge a minimizzare (se non proprio ad incoraggiare) qualsiasi malvagità o delitto!... Il Principe delle Tenebre, infatti, sa molto bene che, subito dopo la morte c'è il giudizio (Luca 16, 1931) e che il Signore, infinitamente buono ma anche infinitamente giusto, darà a ciascuno secondo le sue opere (Matteo 16,27). Quindi fa di tutto per togliere dalla mente dell'uomo questa decisiva realtà!
Per questo Gesù ci ha aperto gli occhi dicendoci: "Se la tua mano ti porta al peccato, tàgliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che andare con due mani nel fuoco inestinguibile. Se il tuo piede ti porta al peccato, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo che essere gettato con due piedi nell'Inferno. Se il tuo occhio ti porta al peccato, càvalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo che essere gettato con due occhi nell'Inferno, dove il loro verme non muore ed il fuoco non si estingue " (Marco 9, 4348).
Ed il Figlio di Dio ha dimostrato quanto sono vere queste sue parole col tremendo prezzo pagato sulla Croce per salvarci!...
9. Ma perchè l'Inferno?
L'eternità dell'Inferno mette particolarmente in luce l'immensa portata della nostra libertà, l'incalcolabile gravità del peccato ed il sommo rispetto di Dio verso l'uomo (oltre che il valore immenso della Sua redenzione amorosa e dolorosa, che sola può salvarci da una così spaventosa catastrofe!).
Nell'eternità dell'Inferno appare tutta l'autenticità della nostra libertà, tutta la tragicità della nostra responsabilità. La decisione eterna (per Dio o contro Dio per l'eternità) spetta a noi: Dio non ci salva contro la nostra volontà, altrimenti la libertà umana sarebbe fasulla.
L'eternità dell'Inferno mette anche in luce il sommo rispetto di Dio per la libertà dell'uomo, e quindi per la sua responsabile autodecisione. Dio considera e tratta l'uomo come una persona responsabile di sè e del mondo, non come una macchina o un bambino immaturo. Chi volesse muovere rimproveri a Dio per il dono della libertà concesso all'uomo, e che è meglio che l'uomo esista senza libertà (e quindi senza rischio e pericolo), ha dell'uomo un concetto più basso che non Dio...
Del resto la scelta libera dell'uomo per il cielo e la felicità di Dio, era un bene così splendido, che valeva anche il rischio di una rivolta umana. Tanto più che, per attenuare questo rischio, Dio fece tutto quello che era non dico umanamente, ma divinamente possibile: mandò suo Figlio!
Ma perchè Dio non si astiene almeno dal creare coloro che, nella Sua onniscienza, sa che si danneranno? Crediamo di essere giunti al cuore del mistero. La risposta più saggia è certamente questa: non lo sappiamo. Sappiamo solo che Egli è somma Libertà, ma anche infinito Amore e questo basti per quietarci in Lui.
Aggiungiamo però qualche osservazione. Se Dio creasse solo persone che Egli sa che si salveranno, allora la salvezza dell'uomo sarebbe necessaria. Ma in tal caso ne andrebbe di mezzo la stessa libertà, almeno nel senso che l'uomo non sarebbe più libero di scegliersi definitivamente il suo destino tra Dio ed il proprio io.
E' proprio questa libertà ("lo maggior don che Dio per la sua larghezza/ fesse creando": Dante, Paradiso 5,19) che comporta inevitabilmente il rischio concreto della dannazione.
10. Come può Dio-Amore condannare alla pena eterna?
Questa domanda, che tanti si pongono, è tanto ad effetto quanto radicalmente falsa. Dio non condanna nessuno alla pena eterna, anzi ha fatto e fa di tutto perchè nessuno si danni. Tanto è vero che ha accettato di veder morire in Croce il suo dilettissimo Figlio per la salvezza di tutto il genere umano.
Ma la salvezza, operata una volta per tutte da Gesù sulla Croce, non agisce automaticamente: richiede la collaborazione dell'uomo. E' una salvezza gratuitamente offerta, ma non imposta!
Pur avendo permesso l'Eterno Padre che Gesù pagasse per tutti, Egli non salva chi non vuole essere salvato. Rispettando in sommo grado la libertà data all'uomo, il Signore accetta perfino di vederlo perduto per sempre, per effetto di una libera scelta umana, ma non tocca la libertà che ha dato alle sue creature.
In proposito la Sacra Scrittura ci dice: "Il Signore da principio creò l'uomo e lo lasciò in balia del suo proprio volere. Perciò, figlio dell'uomo, se tu vuoi osserverai i Comandamenti, e dipende solo dalla tua volontà rimanere ad essi fedele. Il Signore ti ha posto davanti il bene ed il male; là dove vuoi stenderai la tua mano. Davanti all'uomo c'è la vita e la morte, ognuno avrà quello che sceglie" (Siracide 15, 14-17).
Perciò non è Dio che condanna ad una pena eterna. Dio non può volere il male perchè è infinitamente buono; ma è l'uomo che, rifiutando Dio, si condanna da sè. E' l'uomo che, nella sua libertà, si rovina con le sue stesse mani dicendo "no" a Dio ed alla Sua Legge d'amore. E' il dannato perciò che "costringe" Dio a dirgli: "Và via da Me!". Ed il Signore, che rispetta la libertà di tutti, non fa altro che confermare la libera scelta del dannato (o dei demòni) che hanno scelto di rifiutarlo e di odiarlo per tutta l'eternità...
Non è il Signore che rifiuta le sue creature (siano esse i dannati o i demòni), ma sono esse che rifiutano ostinatamente Dio. E' il terribile dramma della libertà umana...Non è Dio a volere l'eternità dell'Inferno, ma è il dannato che lo rende eterno col suo ostinato "no" a Dio, alla Sua Legge e al Suo amore.
La Madre di Dio, con un linguaggio semplice e materno, ha illustrato tutto ciò a Medjugorje. Una delle veggenti, Miriana, le ha chiesto: "Mamma celeste, non può il Signore, che è infinitamente buono, perdonare i dannati?". E la Madonna, sorridendo, ha risposto: "Sì, che potrebbe perdonarli. Ma sono i dannati che non vogliono!".
11. Esistono i dannati?
Da quanto detto, si ricava che Dio, avendo scelto di farci liberi, ci lascia completamente liberi anche di scegliere la dannazione eterna, pur nell'assoluta pienezza della Sua giustizia, bontà, misericordia e di quel tenerissimo amore che nutre verso le Sue creature.
E' assolutamente certo, anzi di fede che l'Inferno sia la pena di chi muore in peccato mortale. Per questo è utile e generoso pregare perchè tutti gli uomini si salvino: è questo pure il desiderio del Signore (1 Timòteo 2,4; 2 Pietro 3,9), testimoniato anche dai "miracoli" dell'Incarnazione del Figlio di Dio e della sua tremenda Passione, operati appunto per la salvezza di tutti (Colossesi 1, 15-20; 1 Giovanni 2,1): anche se è un desiderio condizionato dalla libera collaborazione degli uomini.
Tuttavia chi afferma che nessuno si dannerà è contro la Sacra Scrittura che presenta la dannazione come un fatto reale e concreto. Lo testimonia l'analogia con gli Angeli di cui molti furono ribelli e diventarono demòni (Luca 10, 28; 2 Pietro 2,4; Lettera di Giuda 6) e lo prova anche la forma realistica (indicativo futuro) e non semplicemente ipotetica, con cui Cristo presenta la condanna degli empi al giudizio finale (Matteo 25, 32-46: "separerà ...e porrà"; v.41: "dirà"; v.44: "risponderanno ... risponderà"; v.46 "e se ne andranno costoro al supplizio eterno"). Giovanni 5 ,29: "...ne usciranno; chi ha operato il bene a resurrezione di vita, e chi ha operato il male a resurrezione di condanna".
Il linguaggio realistico (e non ipotetico) e lo strettissimo parallelismo usato da Gesù dimostrano che come sicuramente ci saranno i beati nella vita eterna, così sicuramente ci saranno i dannati nel supplizio eterno. Dunque la comoda prospettiva che di fatto nessuno si danni ("L'inferno esiste, ma è vuoto") risulta del tutto infondata ed è anzi contro la Sacra Scrittura!
Inoltre, sia che si consideri l'Inferno come luogo, sia che si consideri come stato, sappiamo con certezza che esso non è vuoto: ci sono i demòni! Se ci sono i demòni è il luogo o lo stato riservato a chi, come loro, ha detto "no" a Dio.
Una terrificante conferma di ciò si è avuta con le apparizioni di Fatima nel 1917. L'approvazione della Chiesa a queste apparizioni è garanzia della verità e della serietà delle stesse. Lucia, una dei tre veggenti, ha lasciato questa testimonianza: "Quando la Madonna disse: Sacrificatevi per i peccatori, apri le mani. Il fascio di luce che ne scaturì sembrò penetrare la terra e noi vedemmo come un gran mare di fuoco ed immersi in esso demòni ed anime informa umana, somiglianti a brace trasparente che, trascinate in alto dalle fiamme, ricadevano giù da ogni parte come scintille di un grande incendio. La Madonna ci disse con tristezza: Avete visto l'Inferno dove vanno le anime dei peccatori. Per salvarli il Signore vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato...".
Non a caso fu chiesto un giorno a Gesù direttamente: "Maestro, sono pochi quelli che si salvano? Gesù rispose: Entrate per la porta stretta, perchè larga è la porta e spaziosa è la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa" (Matteo 7,13).
Non dobbiamo neppure sottovalutare la portata delle espressioni più severe presenti nel Libro sacro che hanno la funzione di renderci sempre vigilanti: "Dio non si lascia schernire" (Galati 6,7). "Pertanto, carissimi ... impegnatevi per la vostra salvezza con timore e trepidazione" (Filemone 2, 12), naturalmente non disgiunti dalla fiducia e dall'amore.
Inoltre il Concilio Vaticano II ha esplicitamente detto che "questa Chiesa peregrinante è necessaria alla salvezza, secondo l'insegnamento di Cristo stesso, e perciò non possono salvarsi quegli uomini i quali, pur non ignorando che la Chiesa cattolica è stata da Dio, per mezzo di Gesù Cristo, fondata come necessaria, non vorranno entrare in essa o in essa perseverare" (LG 14), ma ha pure precisato, da una parte, che "non si salva, anche se incorporato alla Chiesa, colui che, non perseverando nella carità, rimane nel seno della Chiesa `col corpo' `ma non' `col cuore " (ibidem); e, dall'altra, che " quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, e che tuttavia cercano sinceramente Dio, e con l'aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di Lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna. Nè la divina provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che senza colpa non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, e si sforzano, non senza la grazia divina, di raggiungere la vita retta. Poichè tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo, e come dato da Colui che illumina ogni uomo, affinchè abbia finalmente la vita" (LG 16).
Finchè vivremo, il pensiero dell'Inferno ci sconvolgerà: è una spina nel nostro cuore che ci fa tremare di fronte ai giudizi di Dio, ci fa supplicare perchè siano forzate le nostre volontà ribelli, perchè nessuno fra gli uomini resista alle premure amorose di quella bontà infinita di cui l'Apostolo scrive che è follia prendere alla leggera (Galati 6, 7).
12. Sono dannata!
Il fatto che esponiamo ha una importanza eccezionale. Il Vicariato di Roma diede il permesso di pubblicare lo scritto. L'imprimatur è garanzia della serietà del tremendo episodio. Sono pagine terribili e raccontano un tenore di vita in cui vivono molte persone dell'odierna società. La misericordia di Dio permettendo il fatto qui narrato, solleva il velo del più spaventoso mistero che ci attende al temine della vita.
Clara stava pregando per l'amica, lontana da Dio e morta in un incidente stradale. Dopo la mezzanotte ebbe luogo la visione...
"Clara, non pregare per me! Sono dannata! Se te lo comunico non credere che ciò avvenga a titolo di amicizia. Noi qui non amiamo più nessuno. Lo faccio perchè costretta... Il credente che contempla Cristo in croce finirà con l'amarlo. Ma colui al quale Dio si avvicina come giusto punitore, perchè un giorno fu da lui ripudiato, come avvenne di noi, costui non può che odiarlo con tutto l'impeto della sua malvagia volontà, eternamente, a causa della libera accettazione di essere separati da Dio: risoluzione con la quale, morendo, abbiamo esalato l'anima nostra e che neppure ora ritiriamo e non avremo mai la volontà di ritirare. Comprendi ora perchè l'Inferno dura eternamente? Perchè la nostra ostinazione mai si scioglierà da noi.
Costretta, aggiungo che Dio è misericordioso perfino verso di noi. Egli fu misericordioso verso di noi col non lasciare esaurire sulla terra la nostra malvagia volontà, come noi saremmo stati pronti a fare. Ciò avrebbe aumentato le nostre colpe e le nostre pene. Egli ci fece morire anzitempo, come me, o fece intervenire altre circostanze mitiganti.
Ora Egli si dimostra misericordioso verso di noi col non costringerci ad avvicinarci a Lui più di quanto lo siamo in questo remoto luogo infernale; ciò diminuisce il nostro tormento. Ogni passo che mi portasse più vicino a Dio mi cagionerebbe una pena maggiore di quella che a te recherebbe un passo più vicino ad un rogo ardente...
Tu mi ammonisti una volta: "Anna se non preghi, vai alla perdizione! Io pregavo davvero poco ed anche questo solo svogliatamente. Allora tu avevi purtroppo ragione. Tutti coloro che bruciano nell'Inferno non hanno pregato o non hanno pregato abbastanza.
La preghiera è il primo passo verso Dio. E rimane il passo decisivo. Specialmente la preghiera a Colei che fu la Madre di Cristo, il nome della quale noi non nominiamo mai. La devozione a Lei, strappa al Demonio innumerevoli anime che il peccato gli consegnerebbe infallibilmente nelle mani.
Pregare è la cosa più facile che l'uomo possa fare sulla terra. E proprio a questa cosa facilissima Dio ha legato la salvezza di ognuno. A chi prega con perseveranza Egli a poco a poco dà tanta luce, lo fortifica in maniera tale, che alla fine anche il peccatore più impantanato si può definitivamente rialzare, fosse pure ingolfato nella melma fino al collo.
Negli ultimi anni della mia vita non ho più pregato come dovevo e così mi sono privata delle grazie, senza le quali nessuno può salvarsi. Qui nell'Inferno non riceviamo più nessuna grazia. Anzi se anche le ricevessimo, le rifiuteremmo cinicamente. Da voi sulla terra l'uomo può salire dallo stato di peccato allo stato di Grazia e dalla Grazia cadere in peccato: spesso per debolezza, talvolta per malizia. Con la morte questo salire e scendere finisce perchè ha la sua radice nell'imperfezione dell'uomo terreno. Ormai abbiamo raggiunto lo stato finale...
All'influsso del Demonio io non credetti mai. Ed ora attesto che egli influisce fortemente sulle persone che si trovano nella condizione in cui mi trovavo io allora. Soltanto molte preghiere, di altri e di me stessa, congiunte con sacrifici e sofferenze, mi avrebbero potuto strappare da lui...
Io odio anche il Demonio. Eppure egli mi piace, perchè cerca di rovinare voialtri; lui e gli spiriti caduti come lui al principio del tempo. Essi si contano a milioni. Vagano per la terra, densi come uno sciame di moscerini e voi neanche ve ne accorgete. Veramente ciò accresce ancora più il loro tormento ogni volta che essi trascinano quaggiù nell'Inferno un'anima umana. Ma che cosa non fa mai l'odio?...
Intanto mi ero accomodata io stessa in una religione a mio modo. Sostenevo l'opinione, che da noi in ufficio era comune, che l'anima dopo la morte si reincarna in un'altro essere. In tal modo continuerebbe a pellegrinare senza fine. Con ciò l'angosciosa questione dell'aldilà era messa a posto e resa a me innocua. Perchè tu non mi hai ricordato la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro (Luca 16, 19-31), in cui dopo la morte, l'uno va nell'Inferno e l'altro in Paradiso?... Del resto, che cosa avresti ottenuto? Nulla di più che con gli altri tuoi discorsi di bigottismo!
A poco a poco mi creai io stessa un Dio; lontano abbastanza da me da non dover mantenere nessuna relazione con Lui; vago abbastanza da lasciarsi secondo il bisogno; rassomigliato a un Dio panteistico del mondo, oppure da lasciarsi poetizzare come un Dio solitario.
Questo Dio non aveva nessun paradiso da regalarmi e nessun inferno da infliggermi. Lo lasciavo in pace. In ciò consisteva la mia adorazione per Lui. A ciò che piace si crede volentieri! Nel corso degli anni mi tenni abbastanza convinta della mia religione. In questo modo si poteva vivere. Una cosa soltanto avrebbe spezzato la mia ostinazione: un lungo e profondo dolore. Ma questo dolore non venne! Comprendi ora cosa vuol dire: "Dio corregge quelli che ama?"...
Quando tu mi richiamavi, io ti rispondevo sempre: "Il buon Dio non ha una mentalità così piccina come i vostri pretacci! Ora devo confessare che Dio nonostante la sua infinita bontà, pesa le cose con maggiore precisione di tutti i preti messi insieme... il nostro maggiore tormento consiste nel sapere con certezza che noi non vedremo mai Dio...
Quella mattina era sorto in me, in modo inspiegabile questo pensiero: Tu potresti ancora una volta andare a Messa. Suonava come un'implorazione. Chiaro e risoluto, il mio "no " troncò il filo dei pensieri. "Con queste cose bisogna farla finita una volta per tutte. Mi addosso tutte le coseguenze!". Ora le porto...
Ciò che avvenne dopo la mia morte già lo saprai... io stessa mi risvegliai improvvisamente dal buio nell'istante del mio trapasso. Mi vidi come inondata da una luce abbagliante.
Fu nel luogo medesimo dove giaceva il mio cadavere. Avvenne come in un teatro, quando nella sala d'un tratto si spengono le luci, il sipario si divide e si presenta una scena inaspettata, orribilmente illuminata: la scena della mia vita.
Come in uno specchio l'anima mia si mostrò a me stessa. Le grazie calpestate dalla giovinezza fino all'ultimo "no" di fronte a Dio. Io mi sentii come un assassino al quale durante il processo, viene portata dinanzi la sua vittima priva di vita.
Pentirmi? Mai!
Vergognarmi? Mai!
Però non potevo neppure resistere sotto gli occhi di Dio, da me rigettato. Non mi rimaneva che una cosa: la fuga. Come Caino fuggì dal cadavere di Abele, così l'anima mia fu spinta via da quella vista di orrore. Questo fu il giudizio particolare: l'invisibile Giudice disse: "Via da me!".
Allora la mia anima, come un'ombra gialla di zolfo, precipitò nel luogo dell'eterno tormento...
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SalvatoreSpatola
Ma non era un'altra persona ad essere stata rapita al terzo cielo? Di cui San Paolo ne riporta l'esperienza come fatto sicuro nella seconda lettera ai Corinzi?