Ecco il ricorso da inviare contro la Comunione sulla mano
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Al Reverendissimo Supremo Tribunale
della Segnatura Apostolica
Seconda Sezione
c/o Palazzo della Cancelleria
Piazza della Cancelleria, 1
00186 ROMA
Raccomandata RR
Il sottoscritto ___________________, fedele della Chiesa Cattolica, in quanto battezzato, ricorre contro la decisione del Vescovo __________________della Diocesi di ____________, e, insieme, contro la decisione della Conferenza Episcopale Italiana, che ha emanato norme indicative per le Conferenze Episcopali Regionali, sull'obbligo di distribuire la Comunione sulla mano, fino a disposizione contraria, per contenere il rischio di diffusione del nuovo coronavirus “Covid-19”.
Una decisione, quella della CEI, che va contro le più elementari norme d’igiene disposte dall’autorità sanitarie che raccomandano di lavare bene le mani prima di portarle alla bocca. Si consideri che le mani dei fedeli, prima della Santa Comunione, sono, nel frattempo, venute a contatto con le più disparate superfici (auto, banchi della Chiesa, foglietti della Messa, libretti dei canti liturgici, monete o banconote delle offerte, ecc.). Ugualmente il sacerdote può toccare lui stesso i diversi oggetti posti sull’altare come anche le mani dei fedeli, giacché il virus rimane infettivo come minimo per qualche ora.
Ne consegue che la modalità di distribuzione adottata non diminuisce il pericolo del contagio bensì lo aumenta in maniera esponenziale. Mentre il depositare direttamente in bocca l’Ostia consacrata costituisce la soluzione meno rischiosa, in quanto la contaminazione può essere fortemente ridotta con la semplice precauzione, da parte del Sacerdote o dei Ministri straordinari dell’Eucaristia, di lavare e sanificare correttamente le mani, prima e dopo ogni celebrazione e distribuire la Sacra Ostia in bocca con un minimo di accortezza.
Una decisione, quella della CEI che, peraltro, parrebbe proseguire l’opera intrapresa con il decreto CEI n. 571 del 19 luglio 1989, volta a far sempre più ritenere regola quella che dovrebbe essere l’eccezione della Comunione sulla mano, persistendo così in un comportamento risoluto, dissacrante, denigratorio e vessatorio del Magistero Universale ed Infallibile della Santa Chiesa Cattolica.
Mai nella Storia della Chiesa, nemmeno per la peste e il colera (che pure sono virus di trasmissione di tipo A, non di tipo B come il coronavirus), sono state prese precauzioni come quella di chiudere le chiese o di disporre l’obbligo di comunicarsi sulla mano, essendo il fedele in pieno diritto di ricevere la Santa Comunione sulla lingua, come San Giovanni Paolo II fece chiarire nel n. 92 dell'Istruzione Redemptionis Sacramentum: "[92.] Benché ogni fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca, se un comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei Vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia. Si badi, tuttavia, con particolare attenzione che il comunicando assuma subito l’ostia davanti al ministro, di modo che nessuno si allontani portando in mano le specie eucaristiche. Se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli".
Nella predetta Istruzione, si afferma, pertanto, che il fedele abbia "sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la Santa Comunione in bocca": dunque si ha un diritto nativo, irrevocabile dall'autorità, per qualunque motivo, a differenza della Comunione in mano che è un indulto e può essere revocato per giusta causa.
Lo stesso Giovanni Paolo II, nell’enciclica Ecclesia de Eucharistia, ha ulteriormente precisato che “non c'è pericolo di esagerare nella cura di questo Mistero” (n. 61). Quest’affermazione è decisiva e non può certo soccombere al pericolo di un virus che, a detta di molti studiosi, è solo un po’ più forte della semplice influenza. Ma, ritornando, alla Santa Comunione. Papa Benedetto XVI, per rimarcare l’insegnamento dato dal suo santo predecessore e dare un segno concreto del suo Magistero, a partire dalla solennità del Corpus Domini del 2008, ha iniziato a distribuire ai fedeli il Corpo del Signore, direttamente sulla lingua e stando inginocchiati. Tale insegnamento è stato suffragato, in via documentale, dall’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice che il 17 novembre 2009 ha emanato il documento “Comunione ricevuta sulla lingua e in ginocchio”, in cui si ribadisce in modo ancora più chiaro che “la pratica di inginocchiarsi per la Sacra Comunione ha a suo favore secoli di tradizione ed è un segno di adorazione particolarmente espressivo, del tutto appropriato alla luce della vera, reale e sostanziale presenza di Nostro Signore Gesù Cristo sotto le specie consacrate”.
Davanti a tale abuso di potere e al dispregio dell’autentica fede di molti cattolici, chiediamo alla Signoria Vostra di applicare ben precise norme a tutela dei diritti calpestati di non pochi fedeli.
Se proprio si volesse essere imparziali, si potrebbero allora costituire due file, una con apposito inginocchiatoio per chi vuole la Santa Comunione sulla lingua ed in ginocchio, e una per chi desidera la Comunione sulla mano, senza vietare ai fedeli quel modo che la Chiesa ha sempre privilegiato.
Tanto si rappresenta, prescindendo dall’ulteriore comunicato dei superiori decisori ecclesiastici che, dimentichi del senso peculiare della messa per i credenti (di cui gli antichi martiri dicevano: “Sine Dominicum non possumus”) hanno assentito, a seguito del DPCM 8 marzo 2020, che siano sospese tutte le funzioni religiose fino al 3 aprile.
Poiché il Covid-19 sembra essere un nuovo appannaggio dei nostri tempi e al termine del periodo di sospensione l’intera questione potrebbe riproporsi, si chiede, peraltro, alla Signoria Vostra di adottare decisioni volte a tutelare non solo la Santa Comunione in ginocchio ma anche l’esercizio delle cerimonie religiose, disponendo, ove necessario, il numero giornaliero delle Messe e contingentando i fedeli che vi possono partecipare.
In fede.
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